La teoria senza pratica è cieca
Il mondo si configura diversamente quando passiamo dal regno delle astrazioni a quello della realtà.
Un buon numero di persone non vivono onorevolmente il cane, altri ancora preferiscono ampliare la propria conoscenza teorica piuttosto che mettersi apertamente in discussione, in pratica; ma solo attraverso il confronto con la realtà potremo accostarci alla verità. Ogni cane è differente da ogni altro, anche se appartenente alla medesima razza; potete immaginare quale competenza occorra per offrirgli una vita meritevole di essere vissuta, al di là delle tradizionali abitudini? Quale essa sia, non l’apprenderete sui libri di testo. La sensibilità che occorre per amministrare la diversità, nel pieno rispetto della sua natura, non è affatto trascurabile.
Eppure, mi è capitato di assistere a un incontro con un noto (e dotto) teorico della cinofilia italiana, e un cane. L’uomo proponeva, solo alcuni anni orsono, corsi da educatore cinofilo per la modica cifra di diverse migliaia di euro. Lo vidi profondamente impacciato nel condurre al guinzaglio un esemplare di dobermann dall’ottima docilità. Mi è capitato di ascoltare e leggere le parole di un moderno guru, contrario come molti altri a ogni genere di addestramento, confondere la semplice vigilanza di un Boxer in aggressività. Mi è capitato di snidare chi, riadattando comprovate tecniche di riabilitazione comportamentale, usa rivisitarle nell’esposizione, ne muta il titolo, adottando “affascinanti” denominazioni straniere – apparentemente più glamour agli occhi del grande pubblico – per riproporle quindi in una chiave “nuova”, rivendicandone la paternità. E ancora una miriade di pseudo professionisti rifiutare che il rapporto uomo-cane possa dimostrarsi non solo entusiasmante, ma intimamente complesso, e in quanto tale (altresì) problematico per entrambe le specie. L’amore non rappresenta la soluzione a ogni difficoltà, né gioca un tale ruolo, di fatto, in natura.
Non potremo mai prescindere dall’esperienza.